La ragione per cui l’Italia non è ai mondiali

Ieri l’ex premier Renzi, in diretta Facebook, lamentava un atroce “rosicamento” per l’assenza dell’Italia ai mondiali. Guarda un po’! Chissà dov’era mentre si perpetrava il puntuale misfatto juventino che ha depauperato la cultura calcistica e sportiva del paese.

Ieri una affascinante Portogallo-Spagna ha incantato il mondo del calcio.

Due nazioni e nazionali nei confronti delle quali non dovremmo avere remore di alcun tipo. Sia sul piano culturale che economico-finanziario. Non ne dovremmo avere neppure sul piano calcistico. Eppure nel 2018 i conti han smesso di funzionare. Nel biennio 2016-17, la crescita economica della Spagna è stata del 6,4%, del Portogallo 3,9%, dell’Italia 2,2%, con congiuntura favorevole promossa dagli stimoli monetari della BCE. Serviamoci dell’esempio calcistico e dell’umiliazione subita contro gli spagnoli per capire.

Questo è un commento postato sul blog il Graffio della Repubblica, il 13/3/2018 l’indomani della partita Inter-Napoli. Scritto di getto, per rispondere alla polemica che subito divampò in occasione di una espressione poco felice usata da Sarri in conferenza stampa. L’opinione pubblica, avvezza a sostenere le ruberie, ha argomenti idioti e puntuali laddove c’è da nascondere cadaveri, piuttosto che esaltare evidenti soluzioni del problema:

“Cos’è il nostro bel paese?
La nazionale tedesca, orgoglio di un popolo intero, tra la fine degli anni novanta e gli inizi del 2000 versa in uno stato pietoso. Prestazioni deludenti e risultati terribili ai mondiali e agli europei. “Bisogna rifondare il calcio in Germania!” Investimenti, realizzazione di strutture adeguate, ricerca guardando all’estero con la consapevolezza che era finito un paradigma calcistico, Olanda e Spagna i modelli. Volàno per la formazione dei migliori talenti ovviamente il Bayern.
Anno dopo anno tornano i risultati ma non il mondiale. Due volte terzi 2006-2010. Intanto il Bayern ricco di giovani talenti vince la Champions. “Cosa manca? Cosa dobbiamo migliorare ancora per i mondiali del 2014?” Quel palleggio micidiale mai avuto e che ha fatto la fortuna del Barcellona. Guardiola va al Bayern. Solito dominio in campionato, niente champions, ma la Germania umilia in Brasile i padroni di casa e torna ad essere campione del mondo. Giocando come mai a pallone.

L’Italia fino al 2006, ignara di quello che sarebbe diventato da lì a poco l’occidente finanziario ed economico, si pavoneggia e grazie ai suoi gruppi industriali ancora floridi si diverte a giocare alla battaglia navale con il pallone. C’era un baro grande quanto una costellazione e visibile ad occhio nudo. Il sistema implode e l’orgoglio di una nazione e suoi paladini con tanta buona sorte vincono il mondiale. Dopodiché il crollo.
La crisi del 2008 distrugge l’industria e la finanza del paese, il campionato piano piano si svuota di talenti e l’unica dinastia ancora in piedi con il coltello tra i denti è determinata a riprendersi, costi quel che costi, ogni cosa, per di più con gli interessi. Come? Solita strategia, solita costellazione ben collaudata. Il calcio? Il pallone? Il gioco? La bellezza? No. “Conta solo vincere”.
Infatti, dopo non so più quanti anni, proprio la nazionale con all’interno i migliori giocatori del “conta solo vincere” non andrà ai Mondiali, eliminati da squadre prestigiose come quella svedese. Risveglio attonito! Dov’è il problema?
Eccolo qui, lo abbiamo spiattellato evidente davanti a noi.
Ci provò Rafa. Scappò dall’Italia, non da Napoli, dopo due anni di aggressioni subite su tutti i fronti, interni e esterni.

Arriva Sarri a Napoli. Risponde all’unica domanda possibile: che ne è del calcio in Italia? Con l’unico argomento plausibile: bisogna giocare a pallone. Il gioco, corroborato da risultati pazzeschi. Per vincere senza barare si deve saper giocare a pallone. Uno squarcio di luce nel buio pesto. Eppure dalle tenebre una voce chiede dello scudetto. (Domanda post gara fatta dalla giornalista Titti Improta, con risposta ironica di Sarri dai moralisti considerata sessista).

Il pallone è lo specchio del paese. Sarri è a Napoli perché, per grazia di Dio, si presenta in tuta ed è di sinistra. La sinistra? Si, proprio così, però non quella fighetta e ipocrita che è stata capace di annientare e umiliare la cultura politica di una nazione; che si scandalizza di fronte alla parolaccia e che non ha la perspicacia di capire in che guado siamo finiti. La tuta? Non è di destra. Ormai per essere credibili non servono qualità reali ma presentabilità e corruzione. Archetipi del declino.
Mentre Sarri per cortesia e gentilezza non manda affanculo un’incapace, in contemporanea Spalletti, in modo consapevole, invita l’Italia calcistica a ricominciare da quanto gli azzurri avevano mostrato in campo.
Cosa fa il bel paese? Bada bene a scandalizzarsi. Siamo stati, siamo e saremo ciò che Pasolini capì “la borghesia più ignorante d’Europa”.

https://youtu.be/LEfY-UstOfk

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